Spazioprever lezioni in rete - I.I.S. "A. Prever" Pinerolo
Nel 1650 gli olandesi erano pienamente coinvolti nel commercio del mondo occidentale, e Peter Stuyvesant portò il primo tè in America ai coloni olandesi di Nuova Amsterdam, la futura Manhattan, una piccola isola rocciosa che gli olandesi acquistarono dai nativi americani nel 1626 per farne una stazione commerciale. Nel 1664 gli inglesi si impadronirono con la forza di Nuova Amsterdam, la chiamarono New York e si accorsero che i coloni olandesi consumavano più tè di tutta l’Inghilterra.
In pochi anni i commerci, compreso quello del tè, si svilupparono moltissimo, così New York, e l’altro importante centro commerciale di Boston, diventarono i più importanti porti coloniali inglesi. Le classi agiate delle due città continuavano le abitudini della società inglese, e molte furono le attività legate all’abitudine di bere tè, che furono mantenute attive nelle colonie.
Le merci che giungevano nelle colonie erano ovviamente tassate dalla Madre Patria, e il tè non sfuggiva a questa “tradizione”. Anzi, essendo una merce asiatica, era tassato due volte: la prima quando giungeva nel porto di Londra, e la seconda quando giungeva nei porti delle colonie. I coloni, come accadeva anche in Inghilterra, per aggirare il prezzo elevato del tè, si rivolsero al mercato clandestino e al contrabbando, organizzato e sostenuto dalla Compagnia delle Indie Orientali olandese.
Nel 1770, per diminuire le imposizioni fiscali, furono tolte le imposte
sulle merci inglesi che erano portate in America, ma quella sul tè rimase, facendo crescere il malcontento
tra la gente; nuovi successivi balzelli sulle tasse di materie prime importanti, e ancora sul tè, condussero al
boicottaggio della bevanda e ad un ricorso al mercato clandestino e al contrabbando.
Nel 1773 L’Inghilterra,
per ovviare al boicottaggio delle merci inglesi che avveniva nelle colonie, con il “Tea Act” abolisce le tasse
sul tè, mantenendo solo una piccola imposta doganale. Nel novembre dello stesso anno avvenne il fatto passato
alla storia come “Boston Tea Party”.
I coloni, ormai esacerbati dalle continue imposizioni fiscali, decisero di
buttare a mare nel porto di Boston le 342 casse di tè portate da tre velieri inglesi. Appena la voce di questa
azione si sparse lungo le colonie, anche negli altri porti americani di Philadelphia, New York, Charleston e
Greenwich, cominciarono simili azioni, e casse di tè furono gettate in mare.
A causa di queste proteste,
nel marzo del 1774, la flotta britannica bloccò il porto di Boston e dopo aver arrestato i notabili della città
impose il pagamento del tè perduto. Le colonie si ribellarono a questa ennesima intimazione e il 4 luglio 1776
dichiararono la loro indipendenza. Iniziò la Guerra che si concluse con il trattato di Versailles del 1783.
Questi fatti portarono ad un disamore verso il tè, che si protrasse anche dopo la fine della guerra, e trasformarono gli americani in bevitori di caffè. Gli americani nel secolo successivo non si distrassero comunque da quello che era il business del tè e parteciparono attivamente al suo commercio.
Nel 1904 fu un commerciante americano di New York, Thomas Sullivan, ad inventare il commercio del tè in bustina.
Ed è sempre in America che si inventa il tè freddo.
Era l’estate del 1904 durante l’esposizione Universale di Saint
Louis, che l’inglese Richard Blechynden, cominciò a servire la nera e calda bevanda nello stand che aveva allestito
allo scopo di far conoscere e introdurre negli Stati Uniti il tè nero dell’India.
Il caldo della stagione non
invogliava i visitatori a bere bevande calde e il giovane inglese, notando la preferenza di questi per le bevande
fredde, ebbe la geniale pensata di servire il tè non più caldo ma ghiacciato.
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