Spazioprever lezioni in rete - I.I.S. "A. Prever" Pinerolo
La breve poesia è un madrigale - ovvero un componimento suddiviso in due terzine e una quartina di
endecasillabi.
Di nuovo, come in tutte le poesie della raccolta Myricae, il testo è molto ricco di riferimenti
alla realtà delle persone umili, all’ambiente rurale, alla simbologia popolare (i vv. 7-9 sono tratti da un canto
popolare marchigiano antichissimo), alla sfera familiare.
Nel campo arato a metà [simbolo della donna lasciata ad un certo punto della vita, per ragioni a noi ignote, dal marito], è rimasto un aratro senza buoi [un richiamo agli uomini scomparsi senza traccia dalla vita di queste donne che cantano mentre fanno il bucato al lavatoio], che sembra dimenticato in mezzo alla nebbiolina leggera.
Scandito dal rumore ricorrente dell’acqua nel canale [gora], si alza il rumore dei panni lavati dalle lavandaie [sciabordare è un’onomatopea che richiama il tonfo sordo delle lenzuola inzuppate d’acqua che sbattono contro il piano inclinato del lavatoio], che compiono il loro lavoro con colpi sordi e lunghe cantilene [canti popolari.
Ricordo che “tonfi spessi” è una sinestesia, ovvero l’accostamento di due parole appartenenti a due sfere sensoriali diverse: tonfo è acustico, spesso è tattile].
Pascoli, nell’ultima quartina, echeggia le parole della canzone popolare intonata dalle massaie al lavatoio,
dicendo che, nonostante il vento soffi e il ramo faccia scendere la neve, l’uomo non è ancora ritornato a
casa.
Quando sei partito sono rimasta come l’aratro abbandonata in mezzo al campo seminato a maggese
[erba che permetteva al terreno di reintegrare i Sali minerali persi con le coltivazioni].
La poesia è ciclica, prevede il ritorno alla situazione descrittiva di partenza: dall’aratro abbandonato, sino all’aratro abbandonato. Uomo e donna risultano quindi essere immersi nella stessa situazione, di abbandono, di solitudine, in aperta campagna.
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