Spazioprever lezioni in rete - I.I.S. "A. Prever" Pinerolo
(1) Malto d'orzo, (2) L'acqua viene analizzata (3) Il malto macinato viene mescolato con acqua bollente (4) La miscela viene filtrata (5) il mosto di malto, passa nella caldaia, dove viene bollito e aromatizzato con il luppolo (6) Il mosto di malto viene raffreddato (7) e (8) Al mosto viene aggiunto il lievito (9) tino di fermentazione (10) fermentazione secondaria (11, 12, 13) la birra fermentata viene filtrata e/o pastorizzata, pressurizzata (14) Le bottiglie vengono pulite, riempite (15), sigillate ed etichettate (16) (17) I fusti vengono puliti (18), riempiti (19) e predisposti per la consegna al luogo di consumo.
La fermentazione è una fase essenziale nella produzione della birra: è il momento in cui gli zuccheri del mosto vengono trasformati in alcol etilico e anidride carbonica grazie all’azione dei lieviti. Pur essendo un processo naturale, la fermentazione richiede un attento controllo di numerosi fattori, tra cui i più rilevanti sono la qualità e la tipologia dei lieviti impiegati e la temperatura alla quale avviene la fermentazione.
Nel processo birrario moderno, i lieviti selezionati appartengono principalmente a due specie: Saccharomyces cerevisiae, responsabile della fermentazione alta, e Saccharomyces pastorianus (già conosciuto come carlsbergensis), utilizzato nella fermentazione bassa. A seconda del tipo di lievito e delle condizioni operative, si distinguono così diversi stili birrari, ciascuno con caratteristiche organolettiche e tecniche differenti.
Prima dell’inoculo del lievito, il mosto viene ossigenato per favorire la moltiplicazione iniziale delle cellule lievitanti. Da questo momento prende avvio la fermentazione primaria, o tumultuosa, in cui i lieviti metabolizzano gli zuccheri semplici producendo alcol e CO2. Quest’ultima, in parte, si libera nell’aria, mentre in parte si scioglie nel liquido, dando inizio al processo di carbonatazione.
La durata di questa fase dipende dal tipo di birra: le birre a bassa fermentazione (lager), che operano a temperature comprese tra i 7 °C e i 13 °C, necessitano generalmente di 8–10 giorni. Le birre ad alta fermentazione (ale), che si sviluppano tra i 15 °C e i 24 °C, possono completare il processo in 4–6 giorni.
Terminata la prima fase, la birra viene trasferita in contenitori chiusi per la fermentazione secondaria, o di maturazione. In questa fase, che può durare da alcune settimane fino a diversi mesi, i lieviti rimanenti continuano a lavorare lentamente, stabilizzando il profilo aromatico e riducendo eventuali sottoprodotti indesiderati. La temperatura, mantenuta tra 0 °C e 3 °C, favorisce il deposito dei lieviti e il trattenimento dell’anidride carbonica, contribuendo alla limpidezza e alla frizzantezza della birra finita.
Accanto ai due principali metodi fermentativi, si affiancano pratiche più complesse e meno controllabili: la fermentazione mista e la fermentazione spontanea. Entrambe si rifanno a tecniche antiche, ancora oggi utilizzate in stili birrari tradizionali, specialmente in Belgio.
La fermentazione mista impiega sia lieviti convenzionali (in genere Saccharomyces cerevisiae) sia microrganismi “selvaggi” come lattobacilli, pediococchi e Brettanomyces. Questi ultimi introducono aromi peculiari, acidi e spesso “funky”, come accade in birre come la Berliner Weisse o la Gose, dove una certa acidità lattica è parte integrante del profilo gustativo.
Nella fermentazione spontanea, invece, non si inocula alcun lievito: si lascia che il mosto, dopo la bollitura, venga esposto all’aria in ampie vasche dette coolship, assorbendo i microrganismi presenti nell’ambiente. In alcune regioni, come la valle della Senne nei pressi di Bruxelles, questo processo dà vita a birre straordinarie come le Lambic, che maturano per anni in botti di legno e sviluppano una complessità ossidativa unica. Il carattere distintivo di queste birre è frutto di un’interazione tra lieviti selvaggi, batteri lattici e una lunga evoluzione.
Nel mondo industriale contemporaneo, il processo fermentativo è standardizzato e ottimizzato per garantire risultati costanti, riducendo al minimo le variabili. La fermentazione avviene in fermentatori in acciaio inox a temperatura controllata, con lieviti coltivati in condizioni sterili. Questo garantisce tempi rapidi, prodotti stabili e prevedibili, ed efficienza produttiva.
Al contrario, nei birrifici artigianali o in produzioni tradizionali, il fermentatore può diventare un vero e proprio “laboratorio vivo”, dove il mastro birraio osserva costantemente il comportamento del lievito, adattando tempi, temperature e tecniche in funzione del risultato desiderato. In molte birre artigianali la rifermentazione avviene anche in bottiglia, contribuendo a una carbonatazione naturale e a una maggiore complessità.
È interessante notare che già nell'antichità si osservavano fermentazioni spontanee nei cereali lasciati a contatto con l’acqua. Le popolazioni mesopotamiche e africane, inconsapevoli del ruolo dei lieviti, sapevano però distinguere gli effetti delle fermentazioni riuscite da quelle mal riuscite. La birra primitiva non era un prodotto limpido e stabile, ma un alimento vivo, con una carica simbolica e sociale fortissima.
Oggi, la riscoperta di metodi antichi e l’utilizzo consapevole di lieviti selvaggi ha dato origine a una nuova tendenza nel panorama birrario: quella delle “birre sour” o acide, dove il controllo cede il passo all’imprevedibilità, e ogni fermentazione diventa una storia a sé.
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