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Le Acquaviti

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Il bere non ragionato, non è il nostro scopo. Chi beve con questo obiettivo deve sentirsi responsabile delle proprie azioni.

Tequila

Territorio

Si può chiamare tequila solo il distillato prodotto nello Stato di Jalisco ed in particolare nella città di Tequila, il cui nome, come quello del distillato, deriva da Tequili, nome della popolazione dei nativi che abitavano la zona.

La regione di produzione della tequila La regione di produzione della tequila

La tequila da circa 20 anni può essere prodotta anche fuori dello stato di Jalisco e secondo quanto stabilisce il DOT (Dichiarazione per la protezione della denominazione d’origine Tequila) può essere etichettata come tequila la bevanda alcolica ottenuta dall’agave azzurra, purché coltivata in determinati comuni dei seguenti Stati: Guanajuto, Nayrit, Tamaulipas, Michohacàn e, ovviamente, in tutto lo Stato di Jalisco, questi luoghi hanno in comune il clima e il suolo vulcanico.

L’agave

Come si è detto la tequila si fa dall’agave. D’agave ne esistono più di 400 qualità e, al contrario di quanto molti credono, non è un cactus, ma una pianta grassa che appartiene alla famiglia delle amarillidacee di cui fanno parte, tra l’altro, il narciso e il bucaneve.

agave blu L'agave blu utilizzata per la produzione della tequila

Tra tutte queste varietà d’agave, solo la qualità Agave azzurra Tequilana Weber può essere utilizzata per ottenere tequila. La pianta ha il nome di un botanico tedesco, Weber Franz, il quale arrivò in Messico nel 1896 con l’intenzione di studiare la flora occidentale messicana. Weber fece ricerche e studi per sei anni allo scopo di trovare la giusta pianta adatta a produrre tequila, così da accontentare le richieste d’alcune importanti famiglie produttrici.

Nel 1902 i suoi studi lo portarono a definire l’agave blu come la pianta più adatta allo scopo, e la chiamò Agave Tequilana Weber.

La coltivazione di questa pianta richiede diversi fattori ambientali, tra questi: un’altitudine intorno ai 1500 metri, un suolo d’origine vulcanica, argilloso, permeabile e ricco di ferro, e precipitazioni piovose intorno al metro annuo, infine, una temperatura costante con clima non troppo secco e cielo coperto per 65-100 giorni l’anno. Solo una regione ha tutte queste caratteristiche e si trova nello stato di Jalisco.

La maggior parte dello stato di Jalisco, dove si produce la tequila, è un altopiano che si eleva fino 2250 m. slm. È una regione collinare e montagnosa dove l’agave cresce bene oltre i 1500 m. Alcuni affermano che le piante migliori crescono sulle pendici del vulcano che sovrasta la città di Tequila, città dove sembra ebbe inizio la produzione del distillato, mentre altri dicono che la miglior tequila si produce dalle piante degli altopiani ad est, dove l’agave tende a crescere più larga.

La riproduzione dell’agave può avvenire per semi o bulbi, ma nelle piantagioni questi sistemi non sono usati perché per la coltivazione è più adatto il metodo del rizoma che consiste nel tagliare e trapiantare i germogli, chiamati hijuelo, che nascono dalle radice della pianta. Quando il germoglio raggiunge i 50 cm d’altezza, ed ha già l’aspetto di una piccola agave, è tagliato dalla pianta madre. La nuova pianta deve essere messa a dimora prima della stagione delle piogge ed è sepolta per il 75% del suo volume. Ora ha inizio il lungo periodo di maturazione dell’agave, in campi chiamati potreros.

Per ottenere il massimo della qualità, si deve procedere all’attenta selezione delle piante madri e dei germogli e durante la crescita dell’agave, si devono fare tutte quelle operazioni necessarie a far sì che nel cuore della pianta sia preservata la maggior quantità possibile d’amido.

Le foglie sono spuntate, ma soprattutto si deve tagliare il lungo stelo, chiamato quiote o quixotl che può raggiungere anche i 3-4 metri d’altezza dal quale nascono fiori di colore giallo tenue che una volta impollinati da locali pipistrelli formeranno circa 3.000-5.000 semi, dopo di che la pianta comincia a morire.

il taglio delle foglie dell'agave Jimadores al lavoro: il taglio delle foglie dell'agave

Questo lungo stelo non deve crescere nelle agavi coltivate per produrre tequila, e viene tagliato, perché la pianta utilizzerebbe tutti gli zuccheri per la sua crescita e non resterebbero zuccheri sufficienti per ottenere una bevanda fermentata da distillare.

Un’agave matura ha foglie d’altezza tra 1,5 a 2,8 metri, un diametro compreso tra 2 e 3,5 metri, la sua vita varia dagli otto ai quindici anni, secondo la specie, il clima e le condizioni di crescita.

Quando la pianta raggiunge la completa maturazione, si procede alla raccolta. Nel corso della raccolta si fa il taglio delle foglie la “jima” perché nella produzione della tequila è importante e serve solo il cuore della pianta o piña, chiamata anche testa o cabeza.

le piñas di agave Le piñas di agave

La piña comincia a svilupparsi sottoterra, ma in breve è la sua parte aerea che inizia a crescere e ad allargarsi fino alla piena maturazione. Una piña matura può pesare da 40 a 130 kg. ma la maggior parte è intorno agli 80-100 kg.

Quando le piñas ricche di zuccheri sono pronte per essere raccolte, un operaio chiamato jimador taglia le foglie, spesse e acute dalla piña, utilizzando un lungo coltello chiamato coa.
Le piñas sono subito caricate su camion e portate all’azienda dove, prima di essere cotte, sono tagliate in quarti o a metà.

La raccolta delle piñas si fa durante tutto l’arco dell’anno perché la maturazione delle piante non è stagionale ma continua. Sono necessari circa sette chili di piña per ottenere un litro di tequila 100% agave.

Come si produce la tequila

La produzione della tequila può avvenire seguendo due procedimenti:

tradizionale:
è il metodo artigianale, ed è usato nelle piccole distillerie perché è adatto ai piccoli quantitativi.
industriale:
impiega tecniche moderne ed è utilizzato dalle grandi aziende che devono produrre elevate quantità in tempi brevi, per far fronte anche alle richieste dell’esportazione.

Le differenze più evidenti tra i due metodi riguardano:

  • la cottura delle piñas
  • la frantumazione delle stesse
  • l’uso di lieviti selezionati o naturali
  • tipo di distillazione

Metodo industriale

Le distillerie più grandi per cuocere le piñas, usano grandi autoclavi a vapore presurizzate dove la cottura avviene in tempi molto brevi 8-14 ore, accellerando di molto il processo. I mastri distillatori, sono convinti che la cottura troppo veloce delle piñas non consente la produzione di buona tequila. Con la cottura si trasforma l'inulina (un carboidrato che in molte piante sostituisce l'amido), in zucchero fermentescibile.

La frantumazione delle piñas avviene in mulini meccanici e dopo la separazione delle fibre e la diluizione con acqua, al mosto si uniscono lieviti selezionati e additivi. Facilitando in questo modo la crescita dei lieviti, la fermentazione è più breve e si conclude in 12-72 ore.

Alcune distillerie allo scopo di accelerare la fermentazione o per usare piante meno mature o una minor quantità di piante, usano zucchero di canna in coni, chiamato piloncillo, queste tequila, ottenute con solo il 51% di zucchero d’agave, sono conosciute con il termine “mixto”.

Alla fine della fermentazione, il “vino” d’agave è distillato nelle veloci colonne continue, dove in tempi brevi e in un unico passaggio si ottiene il distillato.

La distillazione

La distillazione continua dà un distillato aromaticamente molto valido ma più “neutro” rispetto ad uno ottenuto con distillazione discontinua; questo perché nella distillazione continua il punto di separazione delle teste e delle code è deciso in anticipo e non è possibile variarlo durante il processo. La distillazione artigianale discontinua, invece, dà prodotti aromaticamente più intensi e tipici perché il mastro distillatore non solo può variare la separazione delle teste tra un processo e l’altro, in funzione delle qualità del liquido da distillare, ma è lo stesso processo di separazione che, essendo più lento, lascia passare sempre nel cuore del distillato, la fine delle teste e l’inizio delle code. Questi minimi quantitativi di teste e code, portano con sé importanti note di gusto e profumo, creando così le differenze aromatiche tra le varie qualità di tequila, e delle acquaviti in generale.

Metodo tradizionale

Le distillerie tradizionali lasciano ammorbidire le piñas tagliate in caldaie a vapore o in tipici forni di pietra chiamati horno, per un tempo compreso tra 50 e 72 ore. La temperatura relativamente bassa, intorno ai 65°-90° C., permette la trasformazione dello zucchero naturale, evitando però la caramellizzazione che, oltre a causare una diminuzione degli zuccheri, apporta al succo aromi amari e colori più scuri.

frantumazione delle piñas La frantumazione delle piñas

Dopo la cottura, le piñas sono lasciate raffreddare per 24-36 ore, quindi si procede alla frantumazione delle piñas in mulini di pietra chiamati tahona, costituiti da una grande pietra rotonda, messa in movimento rotatorio da animali o da un trattore.

Il succo ottenuto, chiamato aguamiel, è filtrato e miscelato con acqua in grandi tini, mentre le fibre sono a loro volta mischiate con acqua per ottenere la massima estrazione dello zucchero.
Alla fine del processo si ha un succo d’agave che contiene il 12% di zucchero, pronto per essere fermentato.

Il mosto, ottenuto dalla spremitura e separazione delle fibre, è cosparso di lieviti che possono essere gli stessi che crescono naturalmente sulle foglie della pianta, o perfino del normale lievito utilizzato nella fermentazione della birra. La fermentazione può ancora essere avviata utilizzando una mistura ottenuta dalle fermentazioni precedenti, unita alla fermentazione successiva.

Il mosto è lasciato fermentare in recipienti di legno o acciaio aperti e il processo di fermentazione con lieviti naturali si conclude in 7-12 giorni.
Alla fine della fermentazione si ottiene un “vino” che titola tra 5 e 7% di alcol, e dopo averlo lasciato riposare per circa 12 ore, si passa due volte in doppio alambicco tradizionale in rame chiamato alambiques. La distillazione dura da 4 a 8 ore; la prima cotta richiede circa 2 ore, e si ottiene un primo distillato grezzo chiamato ordinario con contenuto alcolico tra il 25% e il 30%.

L’ordinario è ripassato una seconda volta in alambicco. Di queste seconda distillazione si tiene la frazione di mezzo chiamata el corazon, che titola 55% d’alcol, mentre le teste e le code sono eliminate.
A volte le code delle distillazioni precedenti sono ripassate in alambicco insieme all’ordinario per creare un’acquavite più corposa.

Prima dell’imbottigliamento la maggior parte delle tequila sono filtrate attraverso filtri di carbone attivo o attraverso filtri di cellulosa.

distillazione della tequila Distillazione della tequila

La maggior parte dei distillatori aggiunge acqua demineralizzata all’acquavite così da portarla ad una gradazione compresa tra 38 e 43% d’alcol. Alcuni produttori però non diluiscono il distillato con acqua, ma preferiscono arrestare la distillazione quando è raggiunta la percentuale alcolica desiderata.

La tequila, come tutti gli altri distillati, quando stilla dall’alambicco è incolore, il colore si ottiene con l’invecchiamento in fusti di legno o, nel solo caso del mixto, con l’uso del caramello.

Qualità di tequila

Le qualità di tequila in base alla quantità di agave usata sono due, la “tequila”, e la “tequila 100% agave”. Le prime sono buone tequila ma meno pregiate delle tequila “100% agave”, sono prodotte per almeno il 51% da zucchero d’agave, e per il restante 49% da zucchero di varia natura. Sono chiamate “Mixto” e sull’etichetta questo tipo di distillato è indicato semplicemente come “Tequila”. La tequila più pregiata, quella di prima qualità, anche detta “Premium” è fatta con solo zucchero d’agave e in etichetta porta la dizione “100% agave” o “100% puro agave”.

Tutte le tequila “100% agave” devono essere imbottigliate in Messico e designate con “Hecho en Mexico”. Soltanto la tequila Mixto può essere venduta in grandi contenitori ed imbottigliata fuori del Messico

Invecchiamento

In relazione all’invecchiamento esistono quattro tipi di tequila:

Tequila blanco
non ha invecchiamento, può essere imbottigliata subito dopo la distillazione ma di solito fa un breve periodo di affinamento in recipienti di acciaio.
Tequila Joven
può essere il risultato della miscela di tequila blanco con tequila reposado e/o añejo ed è la preferita per la preparazione dei margaritas, è conosciuta anche come Extra o Gold.

Può avere un gusto “abocado” un termine usato per indicare una tequila dal gusto più morbido e secondo il NOM (Norma Oficial Mejicana), la procedura per rendere più morbido il gusto della tequila, può avvenire attraverso l’unione di uno o più, dei segunti ingredienti: caramello, estratti naturali di quercia, glicerina, sciroppo di zucchero. L’uso di questi ingredienti, tuttavia, non deve essere superiore all’1% del peso totale della tequila prima del confezionamento.

Tequila reposado
può essere “abocado” e fa un affinamento in fusti di rovere chiamati “pipones” per almeno due mesi, fino ad un anno.
Le botti di rovere danno alla tequila reposado il gusto morbido, il colore giallo pallido e un profumo più complesso. Gran reposado sono quelle tequila 100% agave, distillate in piccole quantità e affinate in legno per un periodo doppio di quello necessario per il tipo reposado.
Tequila añejo
è la tequila che può essere “abocado”, con invecchiamento di almeno un anno in fusti di rovere della capacità massima di 600 litri. La tequila añejo ottiene dal legno tutta la sua raffinatezza e classe e, al pari di altri distillati lungamente invecchiati, richiede attenzioni particolari quando degustata.
Alcune di queste tequila, possono invecchiare in legno anche per diversi anni.

Le botti dove maturano le tequila reposado e añejo sono di solito acquistate usate da distillatori americani ed hanno contenuto bourbon, ma alcuni distillatori per l’invecchiamento delle loro tequila preferiscono botti dove sono maturati sherry o cognac e perfino barili nuovi per dare aromi più pungenti.

invecchiamento della tequila Invecchiamento della tequila

Le botti colme di tequila da invecchiare, sono allineate in grandi magazzini chiamati bodegas e qui resteranno fino al termine dell’invecchiamento. Al termine dell’invecchiamento, e prima di essere imbottigliata, la tequila è di solito assemblata con altre tequila di pari invecchiamento, così da creare un gusto e un aroma tipico.

Tutte le fasi della produzione sono seguite dai rappresentanti del CRT (Consejo Regulador del Tequila) i quali supervisionano la produzione per garantire che il produttore si attenga alle norme stabilite dal NOM, (Norma Oficial Mejicana).
Ogni bottiglia di tequila deve riportare la dizione NOM, seguita dal numero che identifica la distilleria.

Come si beve la tequila

La tequila, è un distillato fine e complesso e deve essere sorseggiato lentamente. Dovrebbe essere servito a temperatura ambiente in un piccolo bicchiere conico dal contenuto di 6 cl con il bordo svasato chiamato caballito. Molti preferiscono bere la tequila fredda, tenendola nel freezer. Il caballito, come la temperatura gelata, possono andare bene per la tequila blanco e reposado, ma una tequila añejo sicuramente ha bisogno di essere gustata a temperatura ambiente in un bicchiere da degustazione come un piccolo tulipano o un ballon.

Le tequila blanco e reposado, possono essere accompagnate dalla sangrita, un drink, da alternare alla tequila, creato da Edmundo Sanchez in Chapala, Jalisco, circa 60 anni fa. Il señor Sanchez, insieme a sua moglie, erano i proprietari di un ristorante nella zona turistica di Chapala, famoso perché si serviva una tequila fatta in casa con agavi cotte in piccoli forni di pietra.
Questa tequila fatta in proprio era molto forte così “Don Mundo” serviva insieme alla tequila delle fette d’arancia, sale e chili sauce molto piccante. Questa miscela di ingredienti ebbe un grande successo e Don Mundo, invece di servire gli ingredienti separati, cominciò a miscelare in una caraffa il succo d’arancia, il sale e la piccante chili sauce.

Il colore rossastro della bevanda diede origine al nome sangrita. Oggi la bevanda preparata nei bar e ristoranti per accompagnare la tequila, ha ben poco in comune con la ricetta originaria ed è molto simile ad un virgin mary, i suoi ingredienti sono: succo di pomodoro e succo d’arancio in parti uguali, con un pizzico di sale di sedano, worcestershire sauce e tabasco, il tutto servito in un caballito.

Mezcal

Parlando della tequila inevitabilmente si è accennato al mezcal, un distillato molto simile e per questo un tempo tequila e mezcal erano considerati la stessa cosa, basti pensare che la gente della regione di produzione della tequila chiamava “mezcal” l’agave azzurra e “mezcaleras” i campi dove la pianta era coltivata e raccolta.

Molti distillatori chiamano mezcal il distillato che solo quando è imbottigliato diventa tequila. Oggi però le differenze tra i due sono molte, vediamone alcune. La prima differenza la dà il diverso nome che hanno i produttori dell’uno o dell’altro distillato. I produttori di mezcal si chiamano palenqueros mentre i distillatori di tequila si chiamano tequileros.

Tutti e due i distillati si producono dall’agave, ma la tequila si produce esclusivamente dall’agave tequillana Weber o agave azul, mentre il mezcal può essere prodotto da cinque varietà di agave, comprese alcune varietà selvatiche. La tequila si distilla due volte e alcune marche fanno un terzo passaggio nell’alambicco, unendo le code al cuore della seconda cotta, mentre il mezcal è distillato in continuo e solo alcune marche pregiate usano la distillazione discontinua.

Le piñas per il mezcal sono cotte sopra il carbone in forni artigianali a forma conica chiamati palenque e coperte con strati di foglie e terra. Questa cottura dà al mezcal un aroma affumicato più intenso. La maggior parte del mezcal è prodotto intorno alla città di Oaxaca e negli stati di Guerrero, Durango, San Luis Potosi e Zacatecas. Anche il contenuto alcolico è simile, tra 38 e 40%, anche se il mezcal tende ad essere più forte. La legge messicana NOM-070-SCFI-1994 protegge il nome mezcal e ne proibisce l’uso per distillati simili ma prodotti fuori delle aree indicate e con piante di agave diverse da quelle autorizzate.

tequila: un po' di storia

Il marchio Tequila nasce il 13 ottobre 1977 ed è esclusivo del Governo messicano. La produzione di questo distillato è strettamente regolata e controllata dal Consejo Regulador del Tequila (CRT), un organismo privato non a scopo di lucro, che agisce su delega del Ministro dell’Industria e del Commercio, la cui attività consiste nel regolare e verificare la produzione e la qualità della tequila in ogni suo aspetto, dalla coltivazione dell’agave all’imbottigliamento ed etichettatura. Per assicurarne la qualità, la tequila deve essere prodotta secondo lo standard NOM-006-SCFI-1994 e deve indicare sull’etichetta il NOM e l’acronimo dell’organismo di controllo CRT, infine, la tequila di prima qualità, deve essere indicata sull’etichetta con la dizione “100% Agave”.

La tequila è il distillato nazionale messicano, e non si ottiene da cereali, tuberi o da qualche frutto tropicale, ma dall’agave, o maguey, una pianta che qui è coltivata da almeno 9000 anni. Quando gli spagnoli durante la conquista raggiunsero i luoghi che oggi corrispondono agli stati di Jalisco, Colima, Nayarit e Aguascalientes, i nativi ticuila o tiquilinos, ottenevano dall’agave una bevanda alcolica che bevevano nel corso di cerimonie e feste religiose. Per i nativi, il maguey era una pianta sacra, cui era legato il mito di Mayáhuel, e da questa pianta ottenevano gran parte di quanto avevano bisogno per la loro vita quotidiana; nel periodo pre ispanico se ne ricavava carta, barriere per proteggere le proprietà, le fibre erano usate come fili per fare tessuti, le foglie come tegole per i tetti, i grossi steli delle piante diventavano travi, le parti terminali delle foglie, sottili ma dure e aguzze, diventavano aghi, e si fabbricavano ancora scarpe, vestiti, armi e attrezzi da lavoro, infine, il liquido che se ne otteneva diventava vino, aceto, miele e zucchero.

Secondo il mito, Mayáhuel è la dea della fertilità della terra e quando fu trasformata in maguey, diede agli uomini il necessario per vivere. La leggenda racconta che un giorno un gran temporale colpì un campo d’agave e alcuni lampi raggiunsero il cuore delle piante cuocendole. Questo fece cuocere anche l’amido contenuto nelle piante che diventò miele o succo. Così i nativi impararono a cuocere l’agave e dopo aver assaggiato i succhi, li considerarono un dono di Mayáhuel.

La dea era sposata con Petácatl, una divinità che raffigura alcune piante utili alla fermentazione dell’octli in nahuatl che gli spagnoli chiamarono pulque, e questo dava alla bevanda molti poteri magici. Gli spagnoli furono conquistati dalla bontà di questa bevanda ed iniziarono la tradizione di berla sorseggiandola dalla punta di un corno di vacca.

In Navigazioni e Viaggi di G. Ramusio nella Relazione sulla città di Temistitan, databile intorno al 1530, è riportato un passo circa le bevande in uso presso i nativi dove è descritta la preparazione di una bevanda che potrebbe essere il pulque:

«Vi sono certi alberi, ovvero fra alberi e cardi, che hanno le foglie grosse come il ginocchio e lunghe quanto un braccio, poco più o meno secondo il tempo che hanno, e gettano nel mezzo un tronco che si fa così alto come sono due o tre altezze d'uomo, poco più o manco, e così è grosso come un fanciullo di sei o sette anni. E in certo tempo dell'anno, che è maturo e ha la sua stagione, con una trivella forano questo albero da basso, d'onde stilla un umore, che lo mettono in conserva in certe scorze d'alberi che hanno: e di lì ad un dì o due lo beono, così smisuratamente che finché cadono in terra embriachi senza sentimento non lasciano di bere».

Dopo l’introduzione della distillazione, da varie qualità d’agave, si ottenevano bevande alcoliche alle quali era dato il nome generico di mezcal, seguito dal nome del luogo in cui erano prodotte, il più famoso ed apprezzato tra tutti i mezcal era quello prodotto nella città di Tequila. Oggi mezcal e tequila, sebbene ottenute dall’agave, anche se di diverso tipo, sono prodotti differenti e si distinguono sia nel metodo di produzione sia nel gusto.

La tradizione di bere la tequila con sale da una parte e limone o lime dall’altra, è, per alcuni, una faccenda da turisti, nata nei film di Hollywood, per altri, invece, è un metodo tradizionale usato da sempre dagli amatori della tequila.

Il motivo di questo rituale, stando a quanto dicono i ben informati, deve essere cercato nella produzione artigianale delle prime tequila, quando il sapore e la forza alcolica di quelle tequila ancora primordiali poteva non essere sempre gradevole, quindi il compito del sale e del lime era di renderle più piacevoli e meno aggressive.

Per fare una cosa ben fatta, si deve mettere una piccola quantità di sale in bocca, questo provoca una maggior salivazione che diluisce il forte impatto alcolico della bevanda, si beve la tequila e, infine, si succhia un pezzo di lime per rinfrescare il palato.

Copertina di Pasticceria Internazionale: margarita e tequila sunrise "Pasticceria Internazionale": margarita e tequila sunrise

Una delle leggende più diffuse sulla tequila, riguarda il verme che spesso si trova nelle bottiglie. Ma nelle bottiglie di tequila non ci sono vermi di alcun tipo. Alcune marche di mezcal, ma non tutte, ne hanno uno all’interno, ma non è una tradizione messicana è solo una questione di marketing nata intorno agli anni Quaranta del ‘900 e serve più che altro ad impressionare gli acquirenti.

Comunque quello che può trovarsi nella bottiglia di alcuni mezcal non è un verme ma una larva di farfalla che vive normalmente nelle piante di agave ed è chiamata gusano (Hipopta Agavis) è un cibo comune ed è venduta nei mercati di Zacatecas. Ci sono due tipi di gusano, il rosso (gusano rojo) considerato più pregiato perché vive nella radice e nel cuore dell’agave, e nel mezcal diventa giallo pallido, e il gusano dorato (gusano de oro) meno pregiato perché vive sulle foglie e nel mezcal diventa grigio cenere.

Il gusano che si trova nel mezcal non ha avuto contatti con pesticidi, spesso queste larve sono allevate all’unico scopo di metterle nel mezcal, sono cotte e prima di utilizzarle sono tenute in alcol per un anno.
A dispetto di quanto dice la leggenda, il gusano non ha alcun potere afrodisiaco o magico.

Margarita

Il Margarita è il cocktail più famoso che si fa con la tequila. Sembra sia stato creato nel 1938 da Carlos Herrera, proprietario del ristorante "Rancho La Gloria" in una cittadina messicana chiamata Tijana, ed è dedicato all'Attrice Marjorie King. Marjorie che in spagnolo è Margarita. Nulla a che vedere con l'Isla de Margarita, appena a Nord delle coste del Venezuela.

Il Signor Herrera si trasferì poi a San Diego in California, e da qua il Margarita cominciò a diffondersi fino a raggiungere fama internazionale, diventando sinonimo di drink per gli appuntamenti degli americani nelle due "happy hours" che vanno dalle cinque alle sette della sera.

Un’altra leggenda racconta invece che l’artista inventore del margarita fu Francisco “Pancho” Morales, barman al Tommy’s Bar di Ciudad Juarez che lo creò il 4 luglio del 1942.

Un’altra storia attribuisce il cocktail a Margarita Sames un’importante personalità texana che creò il drink per gli ospiti della sua villa di Acapulco nel 1948, fu il suo amico Tommy Hilton a far conoscere il cocktail nei bar della sua catena d’alberghi, diffondendolo in tutto il mondo e nel 1999 gli autori del libro “The original guide to margaritas and tequila” la accreditarono quale creatrice del drink.

Qualunque sia la sua origine non ha molta importanza, ed oltre a quelle dette, ce ne sono altre di leggende e storie su chi è stato ad inventarlo, e sul dove e il quando si è visto per la prima volta il margarita.
Quello che conta è che oggi il margarita è tra i cocktail più conosciuti ed ha raggiunto la fama del martini, tanto che, come questo, ha dato origine ad una moltitudine di varianti e tra gli estimatori non si parla solo di margarita ma di margaritas, intesi come figli del cocktail originario, e in commercio, soprattutto nei paesi anglosassoni, come per il martini cocktail, si trovano dei kit completi per la sua preparazione, composti di shaker, bicchiere margarita, bottiglia di tequila e altre piccole curiosità utili a completare il quadro.

È sempre merito del margarita se in questi anni la tequila ha avuto un fortissimo aumento delle richieste, e di pari passo alla sua diffusione, si è cominciato a conoscerne e ad apprezzarne anche le varietà più pregiate.

Il margarita è un cocktail che si può bere a qualsiasi ora, sia come aperitivo sia come dissetante o cocktail notturno. É ottima anche la versione frozen margarita, miscelata nel blender con ghiaccio in scaglie e servita in una larga coppa; il double margarita è sempre un frozen ma è un long drink e si serve con cannucce in un largo bicchiere fantasia.

Il margarita si prepara con il bicchiere orlato di sale, una tecnica definita “crusta”. Questa procedura non si esegue inumidendo il bicchiere e immergendolo subito dopo in un contenitore colmo di sale, perché in questo modo avremo il sale sia all’esterno sia all’interno del bicchiere, mentre il sale deve stare solo sul lato esterno.

tequila sunrise Tequila sunrise

Per avere il sale solo all’esterno della coppetta, si procede in questo modo: s’incide un limone o un mezzo limone, e tenendo il bicchiere capovolto, s’inserisce il bordo del bicchiere nell'incisione e si ruota il bicchiere. Tenendo sempre il bicchiere capovolto, per impedire che il succo di limone scivoli verso l'interno, ci si pone sopra un piatto e con un salino si spolvera di sale solo il bordo esterno del bicchiere, infine, il sale in eccesso è tolto con un tovagliolino.

Lo stesso sistema si usa anche quando il crusta deve essere fatto con lo zucchero o con altri ingredienti solidi in polvere. Un altro long drink molto famoso è il Tequila Sunrise


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